FRANCIS BACON / DARREN COFFIELD

13 aprile – 21 maggio 2016
A Londra, alla Herrick Gallery, opere su carta di Francis Bacon e nuovi dipinti di Darren Coffield.

 

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La Herrick Gallery è orgogliosa di presentare le opere su carta dei Disegni Italiani di Francis Bacon, e i nuovi dipinti di Darren Coffield. Sebbene vi sia una differenza d’età di sessant’anni, i due artisti si sono mossi nello stesso demi-monde dei club loschi di Soho, in particolare il famigerato Colony Room Club. Nel 1949 Bacon era mantenuto dal fondatore del bar Muriel Belcher per attirare clientela, frequentandolo fino alla sua morte nel 1992. Coffield appartiene a una nuova generazione che è approdata al Colony sulle tracce di Bacon, facendone la propria casa alla fine degli anni ‘80. Coffield incontrò lì Bacon e il suo caro amico e unico erede John Edwards e sta terminando il suo prossimo libro sul famigerato Colony Room Club. Entrambi gli artisti presentano una variazione dell’arte figurativa: le reinterpretazioni di Bacon della figura umana sono alcune delle immagini più innovative e influenti del ventesimo secolo, mentre le immagini parimenti alterate di Coffield evolvono da ricerche logiche e diligenti a fini non predeterminati, trasformandosi in puzzle paradossali che giocano con la percezione.

Gli otto disegni a matita e grafite e i due collage pastello di Bacon furono prodotti tra il 1977 e il 1992 in occasione dei suoi molteplici soggiorni in Italia e donati al suo buon amico Cristiano Lovatelli Ravarino, giornalista italo/americano. Desideroso di sfuggire allo status di celebrità di cui godeva nel Regno Unito, Bacon venne spesso in Italia dove, non avendo l’ambiente familiare del suo studio di 7 Reece Mews, South Kensington, si dedicò ai disegni. I soggetti spesso riprendono i temi di alcuni dei dipinti più iconici di Bacon, come il ritratto di Velazquez di Papa Innocenzo X e le sue crocifissioni. I disegni a matita e grafite su larga scala fatti su carta Fabriano, per lo più 100 x 70 cm, mostrano volti e corpi distorti nel riquadro spaziale tipico dell’opera di Bacon. Le opere provenienti dalla collezione di Francis Bacon Disegni Italiani sono state esposte in tutto il mondo incluso il Museum of Fine Arts di Kaoshing a Taiwan, la Galleria d’Arte di Ferrara in Italia e il Centro Cultural di Buenos Aires in Argentina.

Queste opere su carta sono state oggetto di acceso dibattito dal momento che Bacon spesso sosteneva di non disegnare. Numerose sono le prove che attestano il contrario ma l’artista, maliziosamente, non voleva che il mondo venisse a conoscenza di ciò che il cronista David Sylvester descrisse come “il Vizio Segreto di Bacon” nel catalogo della mostra delle opere su carta di Bacon presso la Tate Gallery nel 1999. Sylvester scrive: “Dal canto mio, non sono stato del tutto sincero con (Bacon) quando in quell’intervista, come nelle altre dal 1962 in poi, evitai per gentilezza di menzionare una serie di bozzetti preparatori a matita che avevo visto con i miei occhi”.

Questo mito viene anche ampiamente discusso dallo stimato critico d’arte britannico Edward Lucie-Smith nel suo saggio Francis Bacon e l’Arte del Disegno: “…è gradualmente emerso che Bacon in realtà facesse disegni e bozzetti a olio…la Tate Gallery di Londra acquistò due gruppi di disegni, guazzi e bozzetti a olio di Bacon per un totale di 42 fogli”. Commentandone l’acquisto, Richard Morphet, Emerito Custode della Tate’s Modern Collection disse: “Benché poche opere [di Bacon] su carta del dopo guerra siano conosciute, si è compreso che ciò non dipende dal fatto che egli non disegnasse, bensì dal fatto che non se ne recepisse l’esistenza al di fuori del suo stretto circolo di conoscenze”. Lucie-Smith conclude: “Naturalmente mi riferisco qui alla convinzione che i disegni siano originali…L’interpretazione comunemente accettata della carriera di Bacon viene così capovolta. Bacon non è più uno sciamano magico esistenzialista, ma qualcosa di molto più vicino ad un normale artista”.

Bacon e Coffield trovano un altro collegamento attraverso David Sylvester, ammiratore del giovane artista, che lo descrive come: “un altro di quei maghi che (probabilmente senza rendersene conto) è in grado di impregnare di luce elementi di materia”. Coffield mostra interesse nell’ambito dell’umana cognizione. Le sue opere affrontano la maniera con cui noi percepiamo e elaboriamo il mondo che ci circonda e sovvertono le facoltà istintive dell’osservatore creando dipinti stimolanti e provocatori.

Nella nuova serie di quadri di Coffield, le immagini prima sono dipinte e in seguito disgregate e disperse in un’altra immagine. Tutte le informazioni contenute nel quadro non vengono necessariamente mostrate nell’ordine cognitivo atteso. Le informazioni sono consumate e indotte, creando una nuova forma che può essere letta in termini di creazione, consumo o corruzione. Costituiscono un punto di partenza per affrontare argomenti difficili quali la relazione tra conoscenza e percezione e tra “realtà” e apparenza. Nell’ambito di questo processo, l’opera finale viene cannibalizzata, costituita dal dipinto che “si nutre” di sé stesso, poiché l’artista pensa che non esista nulla di più astratto di quanto non si veda in realtà.

 

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