1 Dicembre 2017 – CORRIERE DEL MEZZOGIORNO

Dal 3 dicembre a Napoli, nella Basilica di Santa Maria Maggiore alla Pietrasanta, la nuova edizione del “Museo della Follia. Da Goya a Maradona”. La mostra itinerante a cura di Vittorio Sgarbi – realizzata da Cesare Inzerillo, Giovanni Lettini, Stefano Morelli e Sara Pallavicini – presenta oltre 200 opere tra dipinti, fotografie, sculture, oggetti e installazioni multimediali sul tema della follia.

«Entrate, ma non cercate un percorso, l’unica via è lo smarrimento», è il suggerimento per affrontare l’intimo rapporto tra arte e pazzia nel labirinto del museo. «Un repertorio senza proclami, senza manifesti, senza denunce. Uomini e donne come noi, sfortunati, umiliati, isolati. E ancora vivi – scrive Sgarbi – nella incredula disperazione dei loro sguardi. Condannati senza colpa, incriminati senza reati per il solo destino di essere diversi, cioè individui. Nella storia dell’arte, anche prima dei casi clamorosi di Van Gogh e di Ligabue, molti sono gli artisti la cui mente è attraversata dal turbamento che si esprimono in una lingua visionaria e allucinata. Ognuno di loro ha una storia, una dimensione che non si misura con la realtà, ma con il sogno. E quel sogno, con piena soddisfazione, oltre ogni tormento rappresenta».

Il percorso apre con dipinti e sculture di maestri della storia dell’arte internazionale come Francisco Goya, Francis Bacon, Adolfo Wildt o del panorama nazionale come Telemaco Signorini, Fausto Pirandello, Antonio Ligabue. Prosegue poi con gli Stereoscopi: supporti “magici” che conducono il visitatore nell’ex ospedale psichiatrico di Mombello dove ha trascorso diversi anni l’artista Gino Sandri, al quale è dedicata una sezione. La presenza ipnotica di Carlo Zinelli rompe la scena con dei coloratissimi dipinti e trova assonanza con l’esperienza di Venturino Venturi, giocosa e al contempo tragica, a metà strada tra fiaba e turbamento. Fabrizio Sclocchinni conduce ancora nelle stanze di un ex-manicomio abbandonato attraverso una serie di fotografie dal titolo “Gli assenti”. Tra le video installazioni un inedito monologo di Paolo Crepet “Arte Libertà Follia Dolore. Da Mario Tobino a Franco Basaglia”; e alcuni interessanti documentari, tra cui “O.P.G”, un estratto dell’inchiesta del Senato sugli ospedali psichiatrici giudiziari. Tra le novità dell’edizione anche due imponenti sculture di Cesare Inzerillo. Un omaggio alla città di Napoli e alla sua tradizione scaramantica, un Corno Reale di oltre tre metri; e un colossale Apribocca posto in relazione col dipinto L’adolescente di Silvestro Lega.

Di dimensioni colossali anche la Griglia, tipica installazione del Museo della Follia che mostra i ritratti recuperati dalle cartelle cliniche di pazienti degli ex manicomi, montata su quattro pareti per una superficie complessiva di 80 metri quadri. Arricchiscono questa nuova esposizione anche I folli di Agostino Arrivabene. E un grande affresco a olio d’una nave in una tempesta eseguito da Enrico Robusti.

L’azzardo kitsch, che strizza l’occhio a Napoli (accanto alla moto di Agostino ‘o pazzo parcheggiata in mezzo ad una delle sale espositive) è che l’intenso Museo della Follia include, tra pittori, scultori e poeti matti, anche Diego Armando Maradona, artista del pallone, celebrato con due opere di Inzerillo e Lucchesi, la prima decisamente feticista, la seconda (che racconta i migliori goal della storia calcistica nei particolari anatomici, addirittura ai raggi x) pure, ma con ironia. Pazzo anche lui? O lo sono i suoi fans? Secondo Sgarbi che mette el Pibe in relazione con nientemeno che Michelangelo Merisi, «non esiste un capolavoro indiscusso come non esiste un genio indiscusso. Fino a Caravaggio la vita di artisti anche immensi come Leonardo o Michelangelo è inferiore all’opera. Con lui la vita diventa arte. Come in Maradona. In entrambi l’esistenza passa per un abisso che non santifica. Non è una forzatura. I volti di Caravaggio sono i ragazzi di vita, delle strade, delle periferie dell’umanità. Le sue opere mostrano al contempo dolore e divino, luce e buio, peccato e redenzione. Maradona è il Caravaggio del Novecento. E io lo porto in un museo». Eh si che una attribuzione a Caravaggio quanto meno argomentabile fu accompagnata (suo malgrado) proprio da Sgarbi qui alla Pietrasanta ad uno scorso evento. Invece alla nuova presentazione alla basilica dei Tribunali, il professor Sgarbi, tra gli altri, era accompagnato dal direttore del Madre Andrea Viliani, molto apprezzato il suo intervento dallo stesso ospite: «Napoli, diceva La Capria è l’unica città antica non ancora scomparsa e va studiata e trattata col massimo rispetto, sino ad ora non è mai diventata città museo. E il museo intanto si è abituato male alle trovate provocatorie alla Duchamp, va recuperato nel rigore dell’istituzione». Scevra da eccessive duchampate è appunto la bella mostra dei folli allestita alla Pietrasanta, due volte intensa, specialmente nelle testimonianze dagli archivi degli Opg o ex manicomi rimontate in un allestimento geniale con l’effetto di un pugno sul cuore. Il percorso introdotto dalla Merini rapisce con Goya, Bacon, Wildt, Ligabue, Signorini, Inzerillo, Silvestro Lega, Sandri, Zinelli, Venturi, Arrivabene e gli altri.

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CORRIERE DEL MEGGOGIORNO – Luca Marconi